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...Proprio all’inizio del 2002
è stato riscontrato
l’innalzamento della temperatura del Pacifico, e l’indebolimento degli Alisei e per questo motivo si
pensava ad un nuovo El Nino per la fine dell’anno. Negli ultimi dati trasmessi dal satellite
franco-americano Topex/Poseidon, però, si legge che nel mese di giugno questi venti sono ripresi e
che, più in generale, non si riscontrano variazioni fondamentali a livello oceanico negli ultimi tre anni
(fonte: Nasa)...
Spesso si leggono articoli che
annunciano l’arrivo di El Nino e altri che ci dicono l’esatto contrario. Tutti noi conosciamo gli effetti devastanti che ha provocato a cavallo del ‘97/’98, come l’innalzamento della temperatura nell’Oceano Indiano, con conseguente sbiancamento e morte della barriera corallina, della siccità in Indonesia e delle inondazioni in Perù. In generale si conoscono gli effetti, ma non le cause.
El Nino in realtà è un evento climatico ciclico che i peruviani in passato chiamavano “L’anno dell’abbondanza”, perché le piogge rendevano fertile il terreno e l’abbondanza di plancton e di conseguenza di pesce garantiva una pesca eccezionale.
Tutto comincia nell’Oceano Pacifico. Le differenze di temperatura tra Est e Ovest creano i Venti Alisei che, in condizioni normali, spingono le acque calde superficiali verso l’Indonesia e permettono a quelle fredde, in prossimità delle coste peruviane, di arrivare in superficie stabilizzando la temperatura dell’intero Oceano.
Ciclicamente, però, questi venti sono più deboli o del tutto assenti e le acque calde non
riescono a mescolarsi con quelle fredde e ricche di plancton del fondo, determinando un aumento della temperatura in superficie e dell’umidità con conseguenze a livello globale. Siamo in presenza di El Nino, che si traduce Bambino Gesù, e che deve il suo nome al fatto che l’evento massimo si raggiunge tra dicembre (a Natale appunto) e febbraio. In queste circostanze vengono rilevate anomalie climatiche in tutto il mondo, apparentemente
casuali e opposte, ma in realtà tutte collegate fra loro. Si riscontrano siccità, incendi e temperature superiori alla media verso Est, dalle Filippine all’Australia settentrionale, in Africa e in Asia meridionale. Inondazioni, piogge torrenziali e allagamenti verso Ovest, sul Pacifico centrale, sul Perù, in Argentina. Colpita anche l’area caraibica e gli Stati Uniti meridionali in genere. In una situazione così instabile e delicata può anche capitare che tutte le condizioni climatiche si invertano e si crei l’effetto contrario. In questo caso siamo in presenza
di un evento denominato La Nina.
Queste variazioni climatiche vengono seguite scientificamente dagli anni ‘40, ma solo dopo gli anni ‘60 è stato riscontrato il legame tra moti atmosferici e oceanografici. Negli ultimi anni però l’intensità e gli effetti di El Nino, forse a causa dell’aumento della temperatura globale e dell’effetto serra, sono andati
crescendo e di conseguenza si è reso sempre più indispensabile riuscire ad anticiparne l’arrivo. Il moto oceanico è più lento e prevedibile e, sulla base di moto ondoso, correnti, salinità e temperatura, le previsioni possono arrivare fino a 8/12 mesi. Altro discorso per il moto
atmosferico. Estremamente variabili le condizioni è possibile realizzare previsioni attendibili fino ad un massimo di 5/7 giorni.
Con questi presupposti è difficile oggi realizzare uno studio combinato fra i dati di entrambe
per ottenere informazioni attendibili a lungo termine, ma molto si
sta facendo. Esiste, per esempio, un progetto chiamato TAO (Tropical Atmosphere Ocean) attraverso il quale, grazie a boe posizionate lungo il Pacifico equatoriale, viene monitorata la temperature dell’acqua a varie profondità. Il campanello d’allarme suona in caso di aumento di tale temperatura, ma devono sussistere altri elementi per parlare dell’arrivo di El Nino come, per esempio, Venti Alisei deboli o
assenti, ma anche in questo caso non è detto.
Proprio all’inizio del 2002,
infatti, è stato riscontrato l’innalzamento della temperatura del Pacifico, e l’indebolimento degli Alisei e per questo motivo si pensava ad un nuovo El Nino per la fine dell’anno.
Negli ultimi dati trasmessi dal satellite franco-americano Topex/Poseidon,
però, si legge che nel mese di giugno questi venti sono ripresi e che, più in generale, non si riscontrano variazioni fondamentali a livello oceanico negli ultimi tre anni (fonte:
Nasa).
Nonostante questa notizia rassicurante va comunque sottolineato che a causa dell’innalzamento della temperatura di due gradi dell’Oceano Pacifico, tra gennaio e marzo 2002, sono già riscontrabili i primi segni di sbiancamento nella barriera corallina australiana e si teme che gli effetti saranno sempre più gravi.
L’aumento della temperatura, infatti, causa il distaccamento tra una
piccola alga (zooxantella) e i polipi dei coralli duri con cui vive in simbiosi.
In assenza delle sostanze prodotte dalle zooxantelle, attraverso la
fotosintesi, il corallo comincia a sbiancare, e se questa condizione si protrae
troppo a lungo sopraggiunge la morte dell’organismo.
Per approfondire l'argomento o tenere monitorata questa complessa
condizione atmosferica suggeriamo alcuni links:
Informazioni riguardanti:
Oceano Pacifico, El Nino, La Nina, Termoclino, Progetto Tao, Temperature e
anomalie oceaniche (in inglese)
http://www.pmel.noaa.gov/
Per visualizzare lo stato delle temperature dei mari di tutto il mondo in tempo reale:
http://www.fnmoc.navy.mil/products/OTIS/US058VMET-GIFwxg.OTIS.glbl_sst.gif
Per visualizzare le anomalie
delle temperature dei mari di tutto il mondo in tempo reale:
http://152.80.49.210/products/OTIS/otis_glbl_sstanomaly.gif
La storia di El Nino (in
italiano): http://www.meteoostia.it/Articoli/articoli_el_nino.htm Informazioni
dalla Nasa (in inglese): http://www.jpl.nasa.gov/elnino
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